fosso la pietra

Fosso la pietra, cm. 51 x 36, Castel di Sangro, collezione privata

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In quel suo perseguimento di una pittura basata sul vero, non mancarono di confluire i suggerimenti derivati da altre importanti esperienze contemporanee, da quelle maturate nell’ambito della Scuola di Resina, a lui ben note attraverso De Nittis e Cecioni, a quelle dei macchiaioli, con i quali venne a contatto dopo aver conseguito il pensionato di Firenze nel 1868. Specialmente certi squarci di alcune sue prove riconducibili a quel periodo si rivelano non immemori dei contatti che ebbe e delle acquisizioni che ne derivò. Se ne può cogliere uno degli esempi più indicativi nella Via del Leone a Castel di Sangro, dipinto poco dopo il rientro pressoché definitivo nel paese natale e che si fa esplicativo nel tipo di ricerche imboccate da Patini sul piano linguistico e delle soluzioni sempre meglio individuanti la costruttività e la sobrietà del colore nella scansione delle luci e delle ombre non solamente nella raffigurazione delle poverissime case affacciate sulle altrettanto miserabili strade quanto pure nell’evocazione del paesaggio e degli aspetti della natura circostante fino a conseguire risultati di indubbio rilievo. Ne offre valido esempio la felice sbrigliatezza di questo Fosso la pietra, che, pur rivelando superstiti inclinazioni e modi che parrebbero riportare ancora al magistero di Nicola Palizzi, equivale ad un già maturo esito della sua personalità per quanto attiene al modo di tradurre in pittura le vegetazione e costituisce una tappa di fondamentale importanza nel contesto di tali ricerche.

Testo di Cosimo Savastano a cura di Raffaella Dell'Erede